L’annuncio di sistemi che riducono drasticamente il consumo di carburante ha sempre stuzzicato il mio interesse professionale e la mia sensibilità di “risparmiatore energetico”, anche se generalmente si rivelano delle bufale.
Ho quindi seguito con un certo interesse le varie notizie che si rincorrevano a proposito del
Kinetic Drive System del sig. Leonardo Grieco che ha anche conquistato le pagine principali dei siti del
Fatto Quotidiano e del
Sole 24 Ore.
Ora che mi sono fatto un’idea e potrei provare ad analizzare il funzionamento del dispositivo e a fare alcune speculazioni sulla sua effettiva efficacia.
La migliore fonte di informazioni che ho trovato è il video nel quale lo stesso Grieco ne spiega il funzionamento e lo mostra in azione.
Da quello che sono riuscito a capire, il principio di base è quello di far lavorare il motore al massimo carico intorno al punto di coppia massima per un breve periodo di tempo, lanciando il veicolo ad una certa velocità per poi sfruttare l’inerzia per quanto possibile, disaccoppiando il motore dalle ruote che, in questa fase, gira al minimo.
Il KDS sembra un comando elettroidraulico (centralina oleodinamica ed elettrovalvola) che sostituisce la pompa azionata dal pedale della frizione, in modo che l’operazione di innesto/disinnesto della stessa sia controllato da una logica che legge la posizione dell’acceleratore e del pulsante di “cut-off”: in partenza e in accelerazione la frizione viene innestata, durante la “planata” con l’acceleratore rilasciato, disinnestata.
Nell'immagine sono infatti riconoscibili:
- centralina idraulica che mette in pressione l'olio, il cilindro nero posizionato sul fondo;
- distributori o elettrovalvole, posizionate intorno alla centralina (i parallelepipedi lucidi), da cui partono i raccordi idraulici ed i relativi solenoidi di comando (in colore arancio);
- logica di controllo, composta dai relè (di cui visibili 4 neri e 1 bianco) ed un temporizzatore (quello con il quadrante circolare). La presenza del temporizzatore farebbe supporre che il dispositivo non sia controllato da una logica programmabile.
Ma perché dovrebbe far consumare meno?
Nel mio
precedente articolo ho accennato, come cause del basso rendimento dei motori a combustione interna per autotrazione, al fatto che la parzializzazione del carico
1 viene effettuata riducendo la quantità di combustibile immesso; come effetto, si ha la diminuzione della temperatura massima del
ciclo termodinamico, con conseguente diminuzione del rendimento (cfr.
Teorema di Carnot).
Supponiamo che un’autovettura come la Skoda del sig. Grieco per viaggiare in piano ad una velocità costante di 80 km/h abbia bisogno di 10 kW di potenza
media, con il motore al 35% del regime di rotazione di potenza massima (1700/1800 rpm): è plausibile considerare un carico
medio intorno al 30%.
Per avanzare, quindi potrei dare il 30% di gas e andare a 80 km/h fisso, oppure andare a tutto gas il 30% del tempo e “planare” il restante 70%, oscillando tra i 75 e gli 85 km/h. Il consumo di carburante, però,
potrebbe essere inferiore nel secondo caso, visto che il calore rilasciato viene sicuramente sfruttato meglio dal motore (ad una temperatura
T1 più alta) e, quindi, ne serve meno per avere la stessa energia alle ruote. Inoltre, quando il motore gira al minimo, gli accessori ed i servizi (ad eccezione del compressore del climatizzatore e dell’alternatore) assorbono meno potenza, quando è a pieno carico il loro contributo è trascurabile.
Dico
potrebbe, perché, benché i fondamenti teorici siano convincenti,
senza una seria prova su strada non si possono trarre conclusioni. I fattori da considerare, infatti, sono troppi per essere trattari solo su base teorica, primo fra tutti il comportamento reale di un propulsore (che non è una macchina di Carnot) e la tipologia di percorso stradale: la massima efficacia si dovrebbe avere su percorsi pianeggianti percorsi a velocità bassa e costante, ma perde completamente la sua utilità nel traffico cittadino o in strade in forte pendenza.
Il discorso emissioni è tutto da verificare perché, se da un lato l’emissione di CO
2 si riduce proporzionalmente al consumo di carburante, far girare il motore al minimo può far aumentare la concentrazione di
idrocarburi incombusti e
CO, che normalmente non vengono completamente ossidati quando la temperatura di combustione è bassa.
Un altro fattore da considerare, poi, è il fatto che motore e trasmissione vengono sollecitati in modo anomalo rispetto alle condizioni di progetto e collaudo di una vettura: il continuo passaggio dallo 0% al 100% potrebbe far insorgere problemi di
fatica meccanica (soprattutto a carico di cambio e frizione) e termica (testa e pistoni) e sarebbe opportuno effettuare delle verifiche (progettuali e pratiche) prima di poter garantire che non ci siano controindicazioni.
Per ultimo, ma non meno importante, dobbiamo avere passeggeri disposti a sopportare un regime di marcia con ritmiche accelerazioni...
Un'ultima nota: il sig. Grieco non sembra aver capito perché il suo dispositivo dovrebbe permettere un risparmio energetico, infatti fa riferimento alla
curva cicloide che, oltre a non essere la curva che ha disegnato lui (cfr.
curva brachistocrona) non c’entra nulla con la riduzione dei consumi.
1 Con “
carico” si intende il valore della coppia richiesta per un determinato regime di rotazione rispetto alla coppia massima erogabile per lo stesso regime e corrisponde banalmente alla posizione dell’acceleratore; schiacciando a tavoletta l’acceleratore chiediamo il 100% del carico (cioè della coppia) disponibile, rilasciandolo effettuiamo la parzializzazione e riduciamo il carico. La potenza massima si ottiene quando il motore gira al regime di potenza massima con il 100% del carico.